iris

Ormai non è più un segreto che il prezioso effluvio dell’iris non proviene dai petali del suo fiore bensì dal rizoma. Ma quanti sanno che il laborioso processo di estrazione del principio olfattivo comincia in luglio con la raccolta dei preziosi tuberi?

Anni fa, percorrendo le colline del Chianti nel mese di maggio, si poteva assistere alla meravigliosa fioritura dell’iris florentina o della sua variante minore, l’iris pallida, la cui coltivazione per la raccolta dei rizomi da impiegare in farmacopea e in profumeria rappresentava, ancora all’inizio del secolo scorso, una delle risorse agricole più interessanti per la Toscana.

A parte l’impiego dell’essenza vera e propria, il rizoma finemente polverizzato viene usato ancora oggi per profumare talchi e ciprie, nonché dentifrici e sacchetti per la biancheria. Nelle campagne era uso dare ai bambini in fase di dentizione un pezzetto di rizoma da masticare; era anche utilizzato per conferire un aroma particolare al vino.

Esiste tuttora una cooperativa che promuove la coltura dell’iris e, a partire dalla fine di luglio, si può ancora assistere alla raccolta artigianale dei rizomi.  Nella zona tra San Polo in Chianti e Poggio alla Croce, al mattino presto, i contadini si avviano verso i campi, quando l’aria è ancora fresca, e iniziano la raccolta dei rizomi. Sono ormai trascorsi tre anni dalla piantagione delle barbatelle (porzioni di rizoma con radici e foglie) e, a ogni primavera, si è provveduto alla pulizia dalle erbacce.

La prima fase del raccolto consiste nel “cavare” l’iris da terra, mediante una piccola zappa detta “ubbidiente”. Tolta la terra, si stacca la pianta dal rizoma, lasciandone solo una parte per la ripiantagione. Si procede poi alla “sbarbucciatura”, ovvero alla pulitura del rizoma dalle radici. I pezzi di rizoma tagliati a fette, vengono poi messi a seccare sulle “tese”, lunghe file di cannicciati sollevati da terra.

I rizomi di iris contengono delle molecole denominate “ironi” le quali posseggono un odore intenso e penetrante che spiega l’impiego dell’iris in profumeria sin dal 18° secolo e la grande notorietà della polvere di iris. Il periodo di essiccazione dura dai due ai tre anni circa per consentire la formazione degli “ironi” e massimizzare il rendimento olfattivo; in seguito, si procede con la distillazione. La sostanza ricavata viene denominata “burro” perché di consistenza e aspetto simile al burro a temperatura ambiente.

Con 1.000 chili di rizoma fresco si ottengono 250 chili di prodotto essiccato e, dopo macinazione e distillazione, si otterranno 2 litri di olio essenziale. Questo spiega perché l’iris sia considerato una delle sostanze più nobili della paletta olfattiva e il costo del “burro” raggiunga delle vette molto selettive.

Usato in dosi anche infinitesimali, l’iris naturale ha il potere di conferire alle fragranze femminili una sensualità romantica, un tocco delicato e nostalgico tipico della sfaccettatura cipriata.

L’ACQUA DELLA REGINA

Si dice che il profumo dall’aroma di mammola ricavato dal rizoma dell’iris fosse il preferito di Caterina de’ Medici che portò con sé in Francia i segreti di quella essenza odorosa che da lei prese il nome di “Acqua della Regina”. Oggi l’antica ricetta è realizzata solo dall’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella a Firenze, l’antica farmacia conventuale che risale al 1200 e che è l’unica al mondo a realizzare i prodotti seguendo ancora le indicazioni dei frati domenicani, restando fedele a una tradizione secolare.

articoli correlati