caffè

Le specie di caffè, appartenenti al genere Coffea, sono oltre 100 e differiscono tra loro per gusto, contenuto di caffeina e adattabilità a climi e terreni diversi da quelli di origine.

In profumeria, la parte utilizzata sono i semi dell’arbusto.

Il rito del caffè in Etiopia

Amore e gloria nazionale, il caffè ebbe origine dalla remota regione abissina di Kaffa in Etiopia. Se in questo paese qualcuno vi invita a bere un caffè non dovete preventivare una breve visita di cortesia da risolvere in dieci minuti di chiacchiere. Il caffè in questo paese è un rito, tanto che si parla di “Bunna Ceremony”: si viene introdotti nel “salotto buono”, quale che sia, dove si ardono due piccoli bracieri poggiati sul pavimento cosparso di fiori ed erbagatta. La donna più giovane di casa, accoccolata su uno sgabellino, predispone la tostatura del caffè verde su uno dei due bracieri, mentre nell’altro mette grani di incenso o di mirra. Inebriati dal profumo, si gustano i semi arrostiti, i popcorn cosparsi di zucchero o il “dabo kolo” (pezzetti di pane fritto e zuccherato) che la padrona di casa offre nell’attesa. Che sarà lunga: dopo l’attenta tostatura, la fanciulla agita la ciotola di caffè sotto il naso di ciascun ospite perché possa goderne l’aroma, quindi passa alla macinatura che avviene rigorosamente col pestello, mentre l’acqua sobbolle piano sulle braci. Ci siamo: la giovane che presiede alla cerimonia versa l’acqua nella “gebenà”, la caratteristica caffettiera etiopica di argilla nera, e aggiunge il caffè ormai ridotto in finissima polvere. Il profumo meraviglioso della bevanda si mescola a quello dell’incenso, mentre vengono preparate le piccole tazzine senza manico sull’apposito tavolino, alto venti centimetri: se avete esigenze particolari in fatto di zucchero sarà meglio dirlo a questo punto, perché in genere il caffè viene offerto già zuccherato e se siete ospiti di riguardo ve ne verrà assegnata una quantità eccessiva (un vero salasso per la famiglia, ma in certe occasioni a queste cose non si bada…).

Ma come fu scoperto il caffè in questa parte del mondo? La leggenda narra che il pastore Kaldi un giorno notò che alcune sonnolente caprette a lui affidate diventavano insolitamente vivaci dopo aver mangiato le bacche rosse di alcuni cespugli e decise di assaggiarle. Un monaco del vicino convento di Cheodet, che passava spesso da quelle parti, si stupì nel trovare il solitamente quieto Kaldi in uno stato di evidente eccitazione; appuratane la ragione, pensò di distribuire le bacche rosse ai religiosi d’Etiopia perché se ne servissero come sostegno durante le interminabili ore di veglia destinate alle preghiere notturne. La fama del caffè cominciò dunque a diffondersi per il paese, attraverso i conventi, e pian piano raggiunse altri paesi dell’Africa Orientale, ma per molti secoli ancora nessuno pensò a farne una bevanda: ci si limitava a masticarne le bacche o a tritarle per mescolarle al “ghee”, il burro chiarificato, con cui venivano preparate grosse “pillole” energetiche (pratica ancora in uso in alcune zone del Paese).

Un bel giorno, in un periodo di grande siccità, una distesa di piante di caffè prese fuoco: il potente aroma di questa imprevista “tostatura” suscitò sensazione e un giovane etiope ebbe la felice intuizione di ricavare un infuso dai chicchi arrostiti e macinati. Di fatto, pare non sia andata proprio così: i chicchi di caffè sbarcarono in Yemen (allora Arabia Felix) viaggiando nelle tasche dei soldati etiopi che, tra il 1200 e il 1300, attaccarono il paese. Solo lì e allora, probabilmente nei pressi di Moka (!), si mise a punto il procedimento di tostatura, macinatura e infusione che rese il caffè la nera bevanda che conosciamo e che ben presto si diffuse in tutto il mondo arabo.

Alla fine del 16° secolo il caffè approda in Occidente, e precisamente a Venezia: ma passeranno ancora cento anni prima che diventi un successo commerciale. Il caffè mosse dunque i primi passi grazie alla Chiesa, si diffuse nel mondo islamico attraverso i dervishi, ma nel corso della sua storia fu anche spesso considerato una bevanda proibita: al suo ingresso in Occidente, per esempio, fu osteggiato proprio dalla Chiesa che lo bollava come “bevanda del diavolo”, sia per le sue proprietà eccitanti che per l’enorme diffusione presso i miscredenti.

Occorre precisare che, se l’origine della pianta è indiscutibilmente questa, il procedimento per farne una squisita e corroborante bevanda pare sia da ascriversi agli yemeniti, che entrarono in possesso dei preziosi chicchi rossi solo nel 14° secolo.

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