La moda del cuoio profumato, introdotta nel secolo precedente, conosce un rapido successo. Si indossano volentieri le “pelli odorose” di unguenti profumati al gelsomino che i grandi signori ordinano a Grasse.
Nel gennaio del 1614, i guantai profumieri ottengono dal re delle patenti che attribuiscono loro “il permesso di nominarsi e di qualificarsi allo stesso tempo sia guantaio che profumiere”. Il successo della guanteria-profumeria di Grasse è all’origine di una considerevole estensione delle colture floreali: le tre piante più utilizzate dalla profumeria sono il gelsomino, la rosa e la tuberosa. Il gelsomino proveniente dalle Indie compare verso il 1650 nella campagna di Grasse. Nello stesso periodo viene messa in coltura la rosa volgare. Quanto alla tuberosa, proveniente dall’Italia, si impianta verso il 1670.
Installati in laboratori di dimensioni modeste, i guantai profumieri formano dal secolo di Luigi XIV un ricco e potente elemento dell’economia provenzale, descritto visivamente dall’incisione “L’Abito del Profumiere” del 1691.
La creazione della Compagnia delle Indie aiuta molto lo sviluppo della professione che riceve ormai direttamente in Francia alcune materie prime (musc, patchouli, vetiver, sandalo) senza dover passare dall’Italia o dalla Spagna.
Alla fine del 1600, nelle valli di Santa Maria Maggiore in Piemonte, il venditore ambulante Gian Paolo Feminis produce una bevanda, l’Aqua Mirabilis, che a suo dire guarisce tutti i mali. Dal suo paesino di origine si trasferisce a Colonia, in Germania, dove l’Aqua Mirabilis diventa Acqua di Colonia.
Da più di tre secoli le vicende dell’Acqua di Colonia s’intrecciano tra storia e leggenda: innumerevoli sono, e sono state, le ditte che vantano l’originalità dell’Acqua, così come numerosi sono stati i Jean Marie Farina produttori dell’amabile profumazione, tanto da fare dubitare che un “primo” Jean Marie (nipote prediletto di Feminis cui era stata lasciata in eredità la formula dell’Aqua Mirabilis), nonostante i ritratti che ce lo propongono pacioso e sorridente, sia mai esistito.
La confusione nelle vicende dell’Acqua di Colonia è determinata da diversi fattori: non vi è mai stato alcun cronista che abbia documentato l’origine e i primi sviluppi dell’Acqua di Colonia, dalla sua nascita sino al 1800, momento in cui le erano già state attribuite diverse paternità; nel periodo in cui produrre Acqua divenne un affare, questo ancora nel 700, molti figli di coloro che avevano aperto aziende imitando l’originale profumazione vennero battezzati con il nome Jean Marie, alimentando e creando leggende sull’originalità del prodotto a tutto vantaggio dell’azienda che le diffondeva; gli eserciti che nel 700 e all’inizio dell’800 attraversavano guerreggiando l’Europa, oltre a depredare le popolazioni di cui erano sgraditi ospiti, creavano distruzioni e scompigli nei registri commerciali che riportavano le date di nascita delle aziende e che ne documentavano i relativi proprietari. Per molto tempo fu quindi arduo riconoscere, nella babele di ditte con lo stesso nome e produttrici dello stesso articolo, quale fosse la prima ad aver utilizzato la formula di Gian Paolo Feminis.
La moda del cuoio profumato, introdotta nel secolo precedente, conosce un rapido successo. Si indossano volentieri le “pelli odorose” di unguenti profumati al gelsomino che i grandi signori ordinano a Grasse.
Nel gennaio del 1614, i guantai profumieri ottengono dal re delle patenti che attribuiscono loro “il permesso di nominarsi e di qualificarsi allo stesso tempo sia guantaio che profumiere”. Il successo della guanteria-profumeria di Grasse è all’origine di una considerevole estensione delle colture floreali: le tre piante più utilizzate dalla profumeria sono il gelsomino, la rosa e la tuberosa. Il gelsomino proveniente dalle Indie compare verso il 1650 nella campagna di Grasse. Nello stesso periodo viene messa in coltura la rosa volgare. Quanto alla tuberosa, proveniente dall’Italia, si impianta verso il 1670.
Installati in laboratori di dimensioni modeste, i guantai profumieri formano dal secolo di Luigi XIV un ricco e potente elemento dell’economia provenzale, descritto visivamente dall’incisione “L’Abito del Profumiere” del 1691.
La creazione della Compagnia delle Indie aiuta molto lo sviluppo della professione che riceve ormai direttamente in Francia alcune materie prime (musc, patchouli, vetiver, sandalo) senza dover passare dall’Italia o dalla Spagna.
Alla fine del 1600, nelle valli di Santa Maria Maggiore in Piemonte, il venditore ambulante Gian Paolo Feminis produce una bevanda, l’Aqua Mirabilis, che a suo dire guarisce tutti i mali. Dal suo paesino di origine si trasferisce a Colonia, in Germania, dove l’Aqua Mirabilis diventa Acqua di Colonia.
Da più di tre secoli le vicende dell’Acqua di Colonia s’intrecciano tra storia e leggenda: innumerevoli sono, e sono state, le ditte che vantano l’originalità dell’Acqua, così come numerosi sono stati i Jean Marie Farina produttori dell’amabile profumazione, tanto da fare dubitare che un “primo” Jean Marie (nipote prediletto di Feminis cui era stata lasciata in eredità la formula dell’Aqua Mirabilis), nonostante i ritratti che ce lo propongono pacioso e sorridente, sia mai esistito.
La confusione nelle vicende dell’Acqua di Colonia è determinata da diversi fattori: non vi è mai stato alcun cronista che abbia documentato l’origine e i primi sviluppi dell’Acqua di Colonia, dalla sua nascita sino al 1800, momento in cui le erano già state attribuite diverse paternità; nel periodo in cui produrre Acqua divenne un affare, questo ancora nel 700, molti figli di coloro che avevano aperto aziende imitando l’originale profumazione vennero battezzati con il nome Jean Marie, alimentando e creando leggende sull’originalità del prodotto a tutto vantaggio dell’azienda che le diffondeva; gli eserciti che nel 700 e all’inizio dell’800 attraversavano guerreggiando l’Europa, oltre a depredare le popolazioni di cui erano sgraditi ospiti, creavano distruzioni e scompigli nei registri commerciali che riportavano le date di nascita delle aziende e che ne documentavano i relativi proprietari. Per molto tempo fu quindi arduo riconoscere, nella babele di ditte con lo stesso nome e produttrici dello stesso articolo, quale fosse la prima ad aver utilizzato la formula di Gian Paolo Feminis.