Gli odori sono i testimoni più autentici di ogni civiltà o entità sociale. Conosciamo molto bene le pratiche religiose e profane legate all’uso dei profumi presso gli antichi Egizi, i Romani o i Greci, per vicinanza culturale e geografica. Anche le spezie, pur con il loro carico di esotico mistero, ci sono abbastanza familiari.
Meno conosciute invece sono le tradizioni dell’estremo Oriente legate ai fiori, ai frutti e ai loro profumi, poiché non è sempre facile, viste le difficoltà linguistiche, risalire ad alcune pratiche relative a culture così lontane nello spazio e nel tempo.

La letteratura asiatica è ricca di storie e leggende collegate a fiori e profumi.

CINA

I fiori occupano una posizione di privilegio nella cultura cinese. Costituiscono storicamente un significativo veicolo di comunicazione simbolica e fanno parte della coscienza collettiva del popolo.

La peonia, con i suoi delicati accenti di fiore fresco, è il fiore nazionale della Cina. Rappresenta la prosperità, la felicità e la pace, ma anche la ricchezza e il valore. È considerata il fiore celeste e si crede che sia di discendenza divina.

Si troverebbero le prime citazioni relative al gelsomino sambac in un trattato del 3° secolo d.c.: veniva coltivato nella zona tra Pechino e Canton e ogni giorno i boccioli erano raccolti e trasportati in città. Le donne cinesi lo mettevano tra i capelli e ne facevano infusioni profumate. Alla fine del ‘700, in una descrizione della vita nella provincia di Kwantung, si racconta come il gelsomino venisse inserito nelle acconciature: col trascorrere delle ore i boccioli si schiudevano e profumavano sempre di più. Alla luce della luna diventavano di un bianco brillante e il loro profumo, intenso e voluttuoso, aleggiava sino all’alba.

Confucio, circa 2500 anni fa, lodava la bellezza e il profumo di una delle rare specie di orchidea profumata, il Cymbidium, simbolo di perfezione. Essa era molto apprezzata sia in Cina che in Giappone molto tempo prima che in Europa si imparasse a conoscerla. Il grande filosofo diceva che “vivere con persone virtuose è come entrare in una stanza piena di orchidee…”

Il loto e le sue connotazioni acquatiche sono noti da tempo nella storia della Cina. Quando nel Paese fu introdotta la religione buddista, questo fiore assunse una posizione di rilievo nella cultura locale. Nella letteratura sacra buddista è spesso citato e le abitazioni dei monaci buddisti sono dette anche “case di loto”. Il loto rappresenta ciò che non può essere deturpato.

A Guangzhou (Canton), da fine gennaio a metà febbraio, si celebra il festival dei fiori, un’attività tradizionale che festeggia l’arrivo della primavera. Sotto il regno degli imperatori Qianlong e Jiaqing, la vendita del tè conobbe un grande incremento. Si sviluppò anche la floricoltura grazie alle essenze necessarie profumazione del tè. Il mercato dei fiori fu costituito nel 19° secolo: si trovano varie specie di fiori come il gelsomino, la ninfea, il lillà, la magnolia e l’osmanto. Quest’ultimo è un delicato fiore conosciuto in Cina da più di 2500 anni, che veniva utilizzato per profumare i dolci, il vino e il tè. Insieme alla rosa entrava nella composizione del “Parfum de Canton”. Nella profumeria moderna viene assimilato alle note fruttate, per il suo aroma di albicocca.

Una curiosità sul chiodo di garofano: in Cina veniva offerto in coppe di porcellana per purificare l’alito di chi andava al cospetto dell’Imperatore. Ancora oggi è una pratica in uso negli studi odontoiatrici!

Si presume che molti agrumi, che per noi popoli mediterranei rappresentano tutto il calore del sole delle nostre terre, siano invece di origine asiatica, in particolare proverrebbero dalla Cina e dal Giappone: infatti, il mandarino, forse è così chiamato per il colore che ricorda quello dell’abito del funzionario cinese. Veniva considerato un frutto prezioso e si aveva l’abitudine di offrirlo ai consiglieri dell’Imperatore, i Mandarini appunto. La pianta delle clementine sarebbe originaria dell’India nord orientale, dell’Indocina e del Giappone.

Lo yuzu è un agrume di difficile reperibilità al di fuori del Giappone, dalla frizzantezza leggermente verde, carica di energia. In profumeria viene utilizzato da poco, per la sua rarità.

Non dimentichiamo il kumquat o mandarino cinese, che da qualche anno compare anche sulle nostre tavole nel periodo natalizio, e infonde al profumo un tocco di effervescente esotismo.

GIAPPONE

Anche la cultura giapponese è ricca di simbologie, talvolta ereditate dalla vicina cultura cinese, applicate anche nella vita quotidiana. Derivati volta per volta da usanze, da riti religiosi e dall’attenta osservazione di ciò che li caratterizza anche nei comportamenti, questi simboli sono entrati a far parte della cultura popolare.

La cerimonia del Koh–do è legata all’incenso e riveste per i Giapponesi una grande importanza, dando nascita alla creazione di poemi evocativi a seconda delle stagioni.

Una storia a parte merita la tradizione dell’hanami – composto dall’ideogramma di fiore e da quello di osservare – che significa letteralmente “guardare i fiori” ed è una pratica che affonda le proprie radici nella storia e nella tradizione giapponese. Ogni anno si attende con impazienza il giorno della fioritura dei ciliegi: tutto il paese si ferma e si raduna ai piedi degli alberi in ammirazione della fioritura. Famiglie o semplicemente gruppi di amici si siedono a contemplare la bellezza della natura, leggendo haiku (poesie), parlando solo di cose piacevoli, per rasserenare l’animo. Il ciliegio è l’albero prescelto perché il popolo giapponese vede in esso, nella forma dei suoi rami, nel colore delicato e nella ricchezza della sua fioritura la maggiore espressione della poesia in forma vegetale.

La fioritura dei ciliegi è uno dei momenti più spettacolari che si possa ammirare in Giappone anche dal punto di vista culturale. Bisogna infatti tenere presente che il fiore di ciliegio in questo contesto culturale è un vero e proprio simbolo di purezza. Caratteristica a questo proposito è l’usanza di sostituire, nel caso di un matrimonio, il tè con un infuso realizzato per mezzo dei fiori di ciliegio. In queste occasioni, infatti, i fiori di ciliegio diventano simboli di felicità e sono di buon augurio per la prosperità e la serenità della coppia di sposi.

La fioritura dei ciliegi viene a coincidere con l’equinozio di primavera e con tutte quelle cerimonie anche di carattere sacro che hanno l’obiettivo di fare in modo che il raccolto dia risultati abbondanti. Si crede infatti che la fioritura dei ciliegi indichi in senso predittivo il raccolto relativo al riso. Per riuscire a prevedere l’entità di quest’ultimo, bisogna quindi considerare la ricchezza offerta dalla fioritura dei ciliegi.

Ma fiori di ciliegio in Giappone acquistano anche altre valenze simboliche. In quanto si tratta di un fiore fragile, che viene portato via facilmente dal vento, il fiore di ciliegio diventa anche il simbolo della morte ideale, di un commiato dal mondo che non rimane per nulla legato ai beni materiali. Allo stesso tempo, da questo punto di vista, i fiori di ciliegio diventano anche simboli della precarietà della vita umana.

SULLE RIVE DELL’OCEANO INDIANO

Le donne asiatiche in generale hanno sempre dato grande importanza alla propria toilette, accrescendo in questo modo il loro fascino esotico, che non passava certo inosservato anche agli occhi dei primi occidentali arrivati per commercio o esplorazioni in quei lontani paesi.

Ancora oggi, le indiane devono avere sempre i capelli neri e lucenti: li pettinano quotidianamente, li lisciano e li ungono con oli profumati, tra i quali uno dei più popolari è quello di gelsomino. In India viene coltivato in una zona sulla riva del Gange, non lontano dalla città sacra di Benares.

Le donne indiane utilizzano un composto di profumo di rosa ed essenza di gelsomino, chiamato urgujja, per massaggiare il corpo. In alternativa possono essere utilizzati i fiori di ylang-ylang, da sempre conosciuto anche come “regina dei fiori” o “fiore dei fiori”.

In Thailandia, le donne si cospargono i capelli di oli profumati, li raccolgono in chignon, e vi fissano una corona di fiori di Nyctanthes tuberosa, un piccolo albero originario delle isole indonesiane; il profumo generoso di questi fiori bianchi, a forma di stella, simile a quello dei fiori d’arancio, impregna delicatamente anche la casa.

Pestando in un mortaio legno di sandalo, aloe, petali di rosa e radici di curcuma zedoaira, si ottiene la polvere più apprezzata dalle donne asiatiche, che viene utilizzata per la composizione di molti profumi e di numerosi cosmetici in grado di riaccendere le carnagioni scure. Ancora una volta queste usanze confermano quanto in ogni tempo e in ogni civilizzazione, i profumi abbiano contribuito all’arte della seduzione e del benessere, istituendo un poetico linguaggio di emozioni.